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Caratteristiche
- Molto difficile con passaggi estremamente difficili.
- - 30' attacco.
- 2.30h via ferrata
- 1.30h ca. discesa - 600m la Via ferrata.
- rifugio baita Cuz
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Media valutazioni
Difficoltà tecniche | 4.7 |
Esposizione | 3.5 |
Varietà passaggi | 3 |
Impegno fisico | 4.5 |
Interesse paesaggistico | 2.5 |
Numero votazioni | 14 |
Links
VALUTAZIONE FERRATA GOOGLE.MAPSVia Ferrata " i MAGNIFICI 4"
MAERINS
segnalata da LUCA MIGLIOLI - 2010
Questa via ferrata è dedicata ai 4 volontari del soccorso alpino, Alex, Diego, Erwin e Luca morti in Val Lasties il 26 dicembre del 2009, che mettendo al primo posto la vita altrui hanno donato la propria. ATTENZIONE: ad oggi, 22/08/2021 ci viene riconfermato che lo stato del sentiero di avvicinamento è in pessimo stato rendendo persino difficoltoso il ritrovamento dell'attacco e tutto ciò a seguito del tragico eventO meteorologico dell'ottobre 2018 - tempesta VAIA.
PERCORSO STRADALE
Dal paese di Pozza di Fassa-Tn salire per la valle S.Nicolò fino alla Malga Crocifisso, seguire la strada e 500m dopo la Malga Crocifisso si trova, sulla sinistra, un ponticello in legno sul Rio S.Nicolò e subito oltre una piccola costruzione in legno su cui è appeso un cartello a freccia con indicante scritta "ferrata" .
AVVICINAMENTO
Dal ponte prendere il sentiero forestale che segue per 200m il torrente fino all'incrocio del sentiero per Buffaure a destra. Salirlo per 4 tornanti -circa 15'- per poi puntare alla base della grande spaccatura della parete (30') . Arrivati all'attacco -1550m- è il caso di prendere fiato indossare l'imbracatura, il casco e di guardare la splendida vista sulla cima Dodici situata in un anfiteatro naturale spettacolare, panorama che oltretutto accompagnerà quasi costantemente durante la prima parte della salita.
LA FERRATA
I primi metri fanno capire subito il grado di difficoltà che caratterizzerà il percorso: un impegnativo camino su una roccia coperta di un insidiosa sabbiolina rendono la partenza faticosa ed i meno esperti saranno portati ad utilizzare molto le braccia. Fortunatamente in un paio di punti sono presenti gradoni dove poter per lo meno meditare su come affrontare i successivi tratti. Cercare con calma gli appigli giusti è fondamentale per non consumare troppe energie. Usciti dall’arioso camino ci si trova a superare un traverso su placca a sinistra , non estremo, ma da affrontare con cautela, dopodiché il cavo ricomincia a salire verticalmente in un’alternanza di placche , diedri e piani inclinati, ma la roccia offre in questo tratto qualche appiglio in più dove poter puntare lo scarpone. Si esce a questo punto su un terrazzo che fa da base ad un enorme diedro: il cavo si inerpica a ridosso di un angusto camino all’incrocio delle due pareti del diedro stesso per poi proseguire con un aereo, lungo e strapiombante traverso in salita a circa una decina di metri di altezza rispetto al terrazzo sottostante. Si comincia: si sale in diagonale verso destra per raggiungere la base del caminetto, poi verticalmente sino ad entrare nello stesso che si rivela essere strapiombante e alquanto stretto -presenza staffa metallica-, con lo zaino che crea qualche difficoltà di passaggio. Una volta superatolo, il cavo si interrompe e ci attende uno dei passaggi più delicati di tutta la ferrata: in opposizione tra le due pareti dobbiamo cercare di arrivare ad agganciare i nostri moschettoni sulla parete opposta, per poi lasciare quella su cui ci troviamo. Non ci sono molti appigli e nessuna staffa, dovrete contare solo su una buona tecnica e tanta acrobazia. Affrontato il passaggio, ci si trova sul traverso strapiombante dove i piedi sono in appoggio su un cavo identico a quello a cui ci si attacca (ponte doppio) . In questa fase le braccia sono sotto un notevole sforzo ed è opportuno velocizzare le manovre per uscire quanto prima dalla scomoda e faticosa situazione. La cosa viene resa complicata nel passaggio di “clic clac” da un fittone all’altro perché lo sforzo aumenta e la stabilità diminuisce letteralmente. Con tanta fatica, il traverso si percorre e già un altro passaggio chiave ci attende: il cavo inferiore, quello su cui poggiamo i piedi, termina e l’ultimo metro e mezzo di traverso lo si deve affrontare facendo affidamento sulla roccia (staffa al termine del passaggio). Ora anche il cavo a cui siamo attaccati si interrompe per riprendere un metro più a destra con partenza verticale. Questa è una prova fisica e psicologica dove sbagliare può costare caro (siamo attaccati al cavo, ma non è mai bello scivolare in ferrata). Usciti dal traverso (finalmente) si alzano gli occhi al cielo e si vede la terrazza sovrastante con un pino che proietta la sua ombra su di noi, ma per raggiungerlo dobbiamo salire ancora 6-7 metri in verticale con il primo tratto strapiombante. Le braccia possono tradire, lo sforzo fatto sin qui deve mettere in guardia ed il livello di concentrazione deve rimanere alto. Termina qui la prima parte della ferrata, in una grande cengia boschiva; si consiglia vivamente di prendere fiato e godersi il panorama. Si riparte per un sentiero di collegamento tra le due parti della ferrata (possibilità di interrompere la Via uscendo a sinistra verso Buffaure), per poi superare un grande traverso attrezzato. La vista sulla valle è fantastica e l’imponenza e verticalità della parete dei Maerins ci fa sentire piccoli piccoli. Si superano una serie di cavità dove i resti di un posto di guardia ci ricordano che la grande guerra non ha risparmiato quest’angolo di Dolomiti. Attraverso una serie di cenge si arriva poi al grande camino formato dalla parete dei Maerins. Questa parte superiore la si può definire nel complesso leggermente meno impegnativa soprattutto per la presenza di 3-4 staffe per appoggiare i piedi ed anche una maggiore presenza di appigli naturali che aiutano a dare sicurezza e stabilità ad una posizione spesso molto verticale ed esposta, resta comunque il fatto che la stanchezza però compensa, in negativo,questo lieve calo delle difficoltà tecniche. A qualche decina di metri dalla base del camino c’è una placca con una fessura ed si consiglia vivamente di utilizzare tecnica di roccia o si rischia di "tirare" sulle braccia con piede in aderenza facendo doppia fatica. C’è spazio per un terrazzino dove poter riprendere fiato. Si riparte: il cavo sale dritto su una placca verticale , qualche metro e siamo su un piccolo terrazzino con il libro di vetta. Gli ultimi metri sono fortunatamente muniti anche di qualche qualche staffa ma le braccia e le gambe sono esauste, pochi passi, pesanti come macigni e si è in vetta-2200m. Terminato il cavo, lo spettacolo dei prati di Buffaure e il panorama unico sul Catinaccio Rosengarten invitano a fare una sosta al rifugio Baita Cuz a soli 100metri, ottimo punto di ristoro, il cui gestore Stefano Zulian è l’ideatore della ferrata.
DISCESA
Le possibilità sono tre:
1- sentiero per la val S. Nicolò che passa dietro i Maerins ( Foscac) riporta direttamente verso la valle. Prima dei prati sotto un gigantesco pilastro giallo, a destra, seguire il sentiero per le palestre di roccia, si raggiunge il parcheggio dopo circa 1.00h località Sauch.
2- piste da sci del Buffaure circa 1.45h.
3- impianto agganciamento automatico che porta alla stazione a valle di Pozza di Fassa.
CONSIDERAZIONI
inviate da LUCIO ZENNARO (CAI Chioggia)
La nuova ferrata sui Maerins va affrontata essendo consapevoli delle sue particolari caratteristiche che vanno rapportate con obiettività al proprio livello di esperienza e di preparazione tecnica e fisica. Si sale arrampicando su una roccia compatta, che in molti tratti si presenta povera di appigli e tale da richiedere una progressione tecnica. Tuttavia, essendo il percorso in parte incassato in stretti canali,l'umidità propria di questo ambiente contribuisce a rendere poco pulita la roccia, la quale presenta spesso una patina superficiale friabile un pò fastidiosa per la progressione in aderenza; altre volte vi si trova invece depositato del terriccio. L'attrezzatura della via è di buona fattura ma piuttosto essenziale in rapporto all'impegno del percorso che comprende vari tratti verticali o strapiombanti. Il primo tratto è stato attrezzato in modo da scoraggiare chi non fosse abbastanza preparato, ma coloro che dovessero proseguire e trovassero poi insormontabile il successivo tratto, costituito senza soluzione di continuità dalla risalita di una fessura verticale, una espostissima traversata strapiombante verso destra ed una ulteriore faticosa risalita, avrebbero qualche difficoltà a procedere a ritroso fino alla base delle rocce e risulterebbe utile in tal caso una corda per discesa in doppia, come pure utile potrebbe essere avere con sè una longe con moschettone a ghiera per eventuali soste che si rendessero necessarie per riposare nei tratti strapiombanti. L'itinerario deve quindi essere percorso solo da chi si senta adeguatamente preparato; in caso contrario rischia di risultare ben poco divertente e di moltiplicare gli interventi dei colleghi dei quattro valorosi soccorritori cui la ferrata è stata dedicata. Alla conoscenza della tecnica di arrampicata deve associarsi una buona forza di braccia ed è certo preferibile non avere sulle spalle zaini pesanti, particolarmente fastidiosi nei tratti a strapiombo.
Commenti
Mai pensate le ferrate come prove di ardimento, voi?
Fatta ma mai più, non è una bella ferrata e nemmeno ben tracciata, se avessi voluto ricordare 4 magnifici amici morti lo avrei fatto diversamente.
Per cui è una ferrata da affrontare con nervi saldi e con esperienza di altre ferrate difficili.
Seconda parte molto più alla portata, e bel panorama da godersi.
Molto simpatico Stefano il gestore del rifugio Baita Cuz, dove una meritata birra non potrà mancare.
A proposito di Melma, fatto l’errore di partire presto e la parte iniziale era talmente fradicia che era come andare sul sapone. Una volta imbrattate le scarpette non hanno più ripreso aderenza rendendo veramente arduo il camino iniziale (in quelle condizioni per me il passaggio più duro e pericoloso, a rischio volo). Usata la longe per il traverso ma attenzione al passaggio di uscita verso l’alto, 5 metri tutt’altro che banali che si fanno con le braccia di pongo. Dopo la lunga cengia, la parte superiore diventa stupenda e finalmente torna l’aderenza. Andateci il pomeriggio!!!
Alla fine direi la più difficile che ho fatto (simile alla torre Clampil ma molto più lunga). Metà cammini , metà arrampichi sul duro
Mi è piaciuto molto il secondo tratto, un po' più panoramico. Degno di nota il rientro tramite il "sentiero dimenticato" che porta a Sauch (al momento agibile) che merita molto.
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